Romeo
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La Compagnia di Calci festeggia il 9 novembre e ricorda gli uomini e le donne della città e del contado che lottarono per la libertà
Dal 1494 al 1509 la Repubblica Pisana tornò indipendente liberandosi dal giogo fiorentino che durava dal 1406, quando Pisa fu venduta per tradimento, occupata, ma non militarmente conquistata da Firenze. In questa guerra i calcesani combatterono a fianco della Repubblica Pisana. Nel 1494 Carlo VIII Re di Francia giunse in Italia per conquistare il Meridione, sul quale vantava diritti di successione: il viaggio di ritorno poteva essere insidioso e denso di pericoli, quindi il Re francese pensò di farsi degli alleati durante il viaggio d’andata. La sera dell’8 novembre il Re venne ricevuto a Pisa a Palazzo Rosselmini Gualandi Dell’Agnello, oggi Palazzo Blu. La tradizione orale ci narra che dopo la cena, prese la parola una giovane ragazza, forse vicarese, Loisa Del Lante, la quale “convinse” il Re a restituire la libertà alla Repubblica Pisana; in realtà, gli ambasciatori pisani avevano già da tempo parlato con il Re prima della sua venuta in Italia. Loisa Del Lante sarà poi la donna di un capitano francese che passerà a combattere per Pisa insieme ai suoi uomini. Guicciardini voleva uccidere Loisa perché riteneva “una certa Loisa” una ragazza pericolosa per Firenze. La promessa di liberare Pisa da Firenze fece esplodere la gioia dei pisani ed il 9 novembre vennero cacciati i fiorentini, e tutto il contado pisano si ribellò: Buti, Vecchiano, Avane, Filettole, Ripafratta e tutta la Valdiserchio, Vicopisano, Cascina, Calcinaia, Calci, Lari, Guardistallo, Forcoli, Palaia, Ponsacco, Peccioli, Riparbella, Lorenzana, Fauglia, Santa Luce, Usigliano, Morrona, Terricciola, Chianni, Soiana (dove venne ucciso Piero Capponi), Marti e grosso modo tutti i castelli alfei che oggi formano le Province di Pisa e di Livorno. Seguirono anni di battaglie nel contado pisano, dove le rocche di Ripafratta e della Verruca, i paesi di Calci, Buti, Ponsacco, Vico, Cascina ed altri castelli della Valdera, delle Colline Pisane, dei Colli Marittimi Pisani e della Maremma Pisana furono teatro di eroiche vittorie grazie ai contadini guerrieri, i cosiddetti stradaruoli, capaci di sgominare intere truppe nemiche. Ricordiamo il calcesano Bartolomeo Della Chiostra difese e sconfisse i fiorentini che nel 1496 tentarono di conquistare la Verruca ed il calcesano Vincente della chiostra di Meuccio ucciso dai fiorentini nel 1502 e che fu un importante capo popolo. Nel 1499 i contadini pisani furono creati cittadini dalla Repubblica Pisana ed entrarono in Città per difenderla ed insieme ai cittadini riuscirono a resistere a dieci anni di assedio, soli contro le cannonate di Stati Italiani ed Europei al soldo di Firenze, tanto da venir definiti "la gloria et l'honor de li Italiani". I pisani riuscirono a sconfiggere l'esercito Franco fiorentino che aveva abbattuto le mura a Stampace nel 1499 costruendo, all'interno delle mura, un fossato largo e profondo quattro metri e dietro di questo, le donne, gli anziani ed i bambini costruirono un terrapieno alto tre metri e largo otto metri. Le donne del contado, soprattutto le butesi, furono protagoniste di atti eroici ed erano delle militari a tutti gli effetti “vestite tutte a uno modo”. Francesi, svizzeri, guasconi e fiorentini una volta abbattute le mura si trovarono in trappola con un fossato impossibile da attraversare e nuove fortificazioni da abbattere, fu così che furono costretti a ritirarsi. Oggi a Firenze, vi è un dipinto che illustra la presa di Pisa a Stampace; in realtà non fu la presa di Pisa, ma la sconfitta di Firenze, l’8 settembre 1499 Firenze ed i suoi alleati tolgono l'assedio da Pisa e si ritirano dopo 38 giorni d'assedio. Il comandante dei fiorentini, Paolo Vitelli sarà decapitato per non aver conquistato Pisa pur avendo abbattuto le mura a Stampace. Stessa modalità di assedio e di difesa succederà nel luglio del 1500 tra la Torre del Barbagianni e la Porta Calcesana, dove si ritirarono francesi, svizzeri e guasconi. A niente servirono le stragi contro donne e bambini nel contado pisano, soprattutto a Vicopisano, Lari e Ponsacco spesso volute da Guicciardini e Machiavelli, a nulla servì il progetto di Leonardo da Vinci che tentò invano di deviare l’Arno per impedire ai pisani di ricevere aiuti via mare e via Arno dai pisani emigrati a Palermo e che avevano fondato la Nazione Pisana in Sicilia. I pisani in una lettera anonima così scrivevano: noi con firmo e costante animo defendiamo e defenderemo questa città insino al sangue e ad la morte, sopportando ogni cosa dura, difficile e extrema per salute di quella e nostra, perché ogni buon cittadino è obbligato così fare; misera e meschina è quella Repubblica che per sua degnità e conservazione non ha li suoi cittadini parati per morire. L'ultima battaglia fu vinta dai pisani l'8 aprile 1509 quando uscirono in segno di resa con le bandiere fiorentine dalla Porta Calcesana, gridando Marzocco! (Il leone simbolo di Firenze) non appena furono vicini al campo dei fiorentini tirarono fuori le armi e gli uccisero in gran numero. Nel giugno 1509 cinque pisani cittadini e cinque pisani contadini (tra i quali Thomas Meucci di Montemagno) firmarono insieme a dieci fiorentini, una pace: Firenze non conquistò Pisa, ma rientrò in possesso di Pisa a condizioni più amichevoli rispetto al passato. In questa guerra andarono distrutte la maggior parte delle fortificazioni militari pisane. Questa guerra impartì una dura lezione a Firenze, dal punto di vista militare e diplomatico, non da meno furono gli sforzi economici e di vite umane, che Firenze fu costretta ad impiegare nella mancata riconquista di Pisa e del suo contado. Tanti pisani se ne andarono, preferendo ire sparsi per lo mundo prima di stare di nuovo con Firenze, ma anche la Repubblica Fiorentina, indebolita da questa guerra, trovò la sua fine nel 1530 quando venne conquistata dai Medici. Pisa e Firenze si annullarono a vicenda e vennero inglobate nel Ducato mediceo, il futuro Granducato di Toscana. Oggi restano testimoni della libertà pisana: le mura ed i bastioni di Pisa, poche mura a Calcinaia, le torri di Bientina, le Rocche di Ripafratta, della Verruca, di Pietracassa a Lajatico, la Torre della Pieve di Calci, il campanile ed il castello di Vecchiano, le torri della Valdiserchio sangiulianese e vecchianese, Castel Tonini a Buti, il castello di Ripoli, la Torre Aquisana a Casciana, a Calci le frazioni di Venezia di Rezzano e Venezia di Montemagno che ricordano la presenza dei veneziani alleati di Pisa, i detti a ricordo delle sconfitte fiorentine: “peggio Palaia” “Calci, Buti e Vio enn’ tre paesi dove ci paghi ir fio” i borghi fortificati di Cascina, Lari e Vicopisano, detto il Gioiello dei pisani, borgo murato e fortificato nel 1330 dalla Repubblica Pisana ed in seguito mutilato e parzialmente fortificato dal Brunelleschi. Libri da leggere per approfondire il periodo 1494 - 1509: “Onore e Gloria” di Mario Chiaverini, “Una guerra di popolo” di Michele Luzzati, “Storia dei suoi tempi 1492 – 1514” di Pietro Vaglienti, “La guerra del rinascimento” tra Pisa e Firenze di Mario Chiaverini, “De bello italico” di Leonardo Sfrenati, “Storie di eroine pisane” di Fabrizio Franceschini, “Pisa, Firenze e Carlo VIII” di Michele Lupo Gentile, “Storia dell’assedio di Pisa” di Gino Benvenuti ed il romanzo storico “Il fiume si rise” di Sergio Costanzo.
Ferruccio Bertolini Compagnia di Calci
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